La famosa scena del pacchetto nel film Love Actually può diventare spunto di riflessione su come trasformare i momenti di crisi in opportunità. Come? Lo Store Manager e la sua squadra possono, per esempio, cogliere e trasformare i fantasmi che girano nel negozio in CLIENTI.

 

 

 

Il tasso di conversione (concretizzazione, trasformazione) sta diventando l’incubo notturno per molti Store Manager. Gli indicatori di prestazione degli store offrono ogni giorno più di un motivo per abbattersi. Basta soffermarsi sull’indicatore del traffico per “notare” che sempre meno gente entra nei negozi ed è dura garantire i risultati di fatturato in questo modo.
Eppure c’è un indicatore non molto conosciuto che può offrire qualche opportunità e speranza allo Store Manager che ha voglia di occuparsene. L’indicatore in questione è quello dei fantasmi. Non è ancora molto conosciuto ed utilizzato, quindi ancora una novità nello scenario degli indicatori di prestazione.

Fantasmi: misura il numero di clienti che entrano, manifestano interesse di acquisto per qualcosa ma, per motivi che spesso sono a carico del Sales Assistant, non comprano ed escono. Sono detti “fantasmi” perché nessuno li vede o li valorizza come meriterebbero. E su questo, per me, lo Store Manager ha una grossa responsabilità.
La scena inserita in alto è tratta dal film Love Actually con uno strepitoso Rowan Atkinson, il Mister Bean dell’esilarante serie televisiva, e mi permette di spiegare cosa intendo. Ma prima di criticarlo nel ruolo di venditore propongo di leggere qui di seguito.

Ecco i protagonisti:
Il cliente (futuro fantasma): coglie un’opportunità per fare un regalo (a chi è poco importante), ma non vuole farsi vedere dalla moglie. Ha poco tempo e vuole fare in fretta. Identifica l’oggetto e decide di comprarlo.
Lo Store Seller: molto opportunamente capisce che ha di fronte un’occasione. Disponibile e cortese si occupa del fantasma (che al momento è molto visibile) e recita la sua parte. Oggi il suo obiettivo è “fare in modo che i prodotti acquistati vengano caratterizzati da un pacco regalo fatto a regola d’arte in un lampo lampante”.  Ed è molto concentrato su questo.
Lo Store Manager: non ha un ruolo attivo nella scena. Non c’è. Tuttavia io credo che possa aver influenzato la dinamica di rapporto tra il venditore e il cliente. Per esempio comunicando in modo deciso che lo standard di servizio da garantire ai clienti è “un pacco regalo ricco e scintillante”.

Ed ecco come si trasforma un cliente in un fantasma. Chiaramente l’obiettivo dello Store Seller è fare un pacco regalo che rispetti alla lettera le indicazioni ricevute (sino al pungitopo). La méta è così presente nella sua mente che arriva anche a smentire il cliente (non è un sacchetto!), non coglie i tanti messaggi verbali e non verbali che riceve (pronti in un lampetto!), recita una parte imparata a regola d’arte (così i nostri clienti si ricorderanno di noi!). Tanta professionalità, ma agisce uno Stile di Vendita poco orientamento al cliente. Come mai tanto accanimento?

Una possibile spiegazione potremmo trovarla se immaginiamo che con il cliente precedente sia andata così: il cliente fa la sua richiesta e alla domanda del venditore: “Vuole un pacco regalo particolare?”, abbia risposto “non si preoccupi. Lo prendo così”. Immaginiamo ora che il Sales Assistant (con l’obiettivo di non perdere la vendita) lo abbia assecondato. Purtroppo dietro a lui c’era lo Store Manager che, dopo aver assistito alla scena e una volta uscito il cliente, riprende in maniera “significativa” il Sales Assistant facendogli notare che non è quello lo standard di servizio che l’azienda intende garantire ad ogni suo cliente e conclude con un: “Mi raccomando, cerca di essere più incisivo la prossima volta”. E, purtroppo, a nulla valgono le spiegazioni del nostro venditore. E ora possiamo comprendere, a valle di questa situazione, il perchè di questo comportamento!

In sintesi, come è possibile creare le condizioni giuste per cogliere “tutte” le opportunità che il mercato offre?

Il pacchetto fatto bene è sicuramente una leva molto tangibile, così come molti altri aspetti del lavoro degli Store Seller (rifornire, tenere in ordine un’area di vendita, la pulizia degli spazi, preparare un reso, …) e forse questo è il motivo per cui non hanno resistenze ad occuparsene. Sono sicuramente una fonte di feedback positivi o quanto meno di tranquillità nella relazione con il capo, ma il rischio nel non curare la relazione specifica con ogni cliente, cogliendone le esigenze e non solo i bisogni, è quello di trasformare alcune vendite potenziali… in fantasmi.

In fondo si fa sempre in tempo a dire… tanto non avrebbe comprato!

Lo store manager può fare molto cogliendo e valutando le diverse opportunità che la crisi offre, sempre che abbia voglia di occuparsene e che il suo capo non agisca con lui lo stesso comportamento.

16 Risposte

  1. Paola Cinti

    Bello lo spunto e la scena del film è molto aderente, da cliente devo dire che mi ci ritrovo perfettamente, soprattutto quando sento nella relazione con il venditore di diventare protagonista di un copione già scritto e valido per chiunque a prescindere dalla situazione. Penso a frasi tipo: “posso aiutarla?” quando io sto semplicemente curiosando in cerca di qualcosa che ancora non ho chiaro, oppure all’immancabile “buona serata” che alcuni commercianti ti dicono tutti i giorni e che a lungo andare diventa un segnale depressivo che rimarca il fatto che la maggior parte delle serate sono normalissime e poco degne di un augurio. Per completare il panorama citerei i rappresentanti della Folletto che sembrano uscire da una scuola militare tanto il loro “passo” è cadenzato, e gli operatori del telemarketing per cui sei solo una delle migliaia di possibilità da “risolvere” nel più breve tempo possibile.
    Insomma non è facile ritrovarsi in quella piacevole situazione di dialogo e rapporto unico e irripetibile che dovrebbe instaurarsi tra chi desidera qualcosa e chi ha la responsabilità di comprendere le domande (anche quelle nascoste) e assumersi l’onere e l’onore di soddisfare questo desiderio…

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  2. Gianfranco Personé

    Bello spunto e chiarissima analisi. Un venditore “presente” per non trasformare un cliente in “fantasma”, forse è questo è il problema. Certo non è facile perché per “presente” intendo la capacità del venditore di inquadrare il cliente, di saperlo ascoltare, di comprenderne i gesti, le posture, le facce. Di individuare il bisogno o anche semplicemente di saperlo tirare fuori perché è solo latente, o di “creare” un bisogno, per poi comunque trovare una soluzione ad hoc tra quelle possibili in “bottega”. Ma anche uscire da schemi di vendita preconfezionati, da uno standard di servizio “plastificato”, dalla banalità e dalla monotonia. Bisogna “amare” il mestiere di assistente alle vendite, che se fatto con professionalità, come tutte le cose non si improvvisa e, comunque in tempi di crisi, tutto questo può non bastare.

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  3. Susanna

    Giusta riflessione Paola. Sono nata e cresciuta in un negozio e posso dire che l’importante è non focalizzarsi mai su qualcosa (vendita o sevizio) ma mantenere sempre una posizione di estrema attenzione, il cliente potrebbe entrare anche solo per guardare, in quel caso va lasciato indisturbato per farlo tornare, magari in un secondo tempo. A mio parere ci stiamo facendo prendere troppo dalla foga del fare, perdendo la facoltà di osservare, riflettere, e poi inventare!

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  4. Francesco Fedele

    Grazie per i vostri contributi e per aver colto il messaggio che voglio trasferire. Sono convinto che questo sia il momento per dare dignità ad un ruolo che può contribuire al successo, potenziando i singoli e le aziende.
    Condivido il punto di vista di Paola, anche se considero importante prendere in esame la strategia di vendita dell’azienda all’interno della quale si collocano i comportamenti di un venditore. (Forse per Folletto quella è la modalità più efficace per raggiungere i risultati e forse per alcuni operatori telefonici diventa più un tema di sopravvivenza).
    Resta comunque l’interpretazione personale che può fare la differenza. Come dice Gianfranco uscire da schemi di vendita preconfezionati, che comunque aiutano, senza restare ingabbiato in uno standard di servizio “plastificato”. E, come emerge dallo spunto di Susanna, fare in modo consapevole.

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  5. Manuel Soul trade

    Di fronte ad un cliente tutto deve scomparire, la mente deve fermarsi e concentrarsi su un unico obbiettivo, che vale nella vita come nel lavoro…Fare in modo che le cose accadano.
    Si entra in uno stato di lucida e controllata follia, l’obbiettivo è chiaro e rimane fermo, la nostra anima fissa il corpo e lo sguardo del nostro cliente, ne coglie le sfumature, e i dettagli, restituisce finezze e alchimia .. a quel punto nulla può essere impossibile. La vendita accade….

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    • Francesco Fedele

      Caro Manuel, quanto hai ragione.
      Ognuno di noi può fare accadere quelle cose che non accadrebbero senza il suo contributo. E’ proprio questo il punto. Aiutare lo Store Manager a diffondere questa consapevolezza in sé stesso e nei suoi Sales Assistant. C’è tanta starda da fare. È importante cominciare a parlarne e confrontarsi sulle soluzioni da adottare. Soluzioni che ci sono e sono applicabili. Occorre conoscerle e volerlo. Grazie per il tuo contributo.

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  6. Solidea

    Ciao Francesco, io mi discosto sempre tanto da quello che in quel momento è il cliente, per me il cliente è come vogliamo vederlo, è come decidiamo di muoverci nei suoi confronti che cambia la prospettiva…… credo che i fantasmi non siano mai i clienti, neanche quelli che entrano senza un’idea vera o un’esigenza. Il fantasma è il sales assistant, il fantasma è l’azienda, siamo solo noi in negozio a determinare cosa e come farà la differenza, perchè anche una sola informazione detta nel modo giusto, ” propositivo, cuorioso, interessato ect” può fare la differenza; ma non voglio toccare una nota dolente che è sempre la stessa; se il venditore non è soddisfatto del suo lavoro, della sua posizione, questo non si presenterà mai nel modo giusto anche se per dovere sa che deve farlo, è il suo lavoro…… la differenza la può fare lo Store manager, è lui che determina le sorti della sua squadra, se la persona che ha il commando da le direttive giuste allora si va tutti insieme verso l’obiettivo, se questa persona nel suo ruolo non considera minimamente le risorse con cui collabora perchè i numeri vengono prima di tutto, allora i numeri non arriveranno affatto!
    Questa è la mia visione, ho collaborato per tanti anni come subalterna e come capo, e dal mio poco posso assicurarti che oggi più che mai far lavorare in armonia le persone fa la differenza, possiamo fare tantissimi corsi in merito, ma se non si mettono in pratica… siamo punto a capo… morale: ” trasformiamo le risorse dei nostri punti vendita da fantasmi a parte attiva e fulcro del business”…………..ciao

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    • Francesco Fedele

      Ciao Solidea,
      concordo molto sull’idea che i fantasmi siano il frutto dell’interpretazione dei Sales Assistant, e che il loro coinvolgimento e la loro motivazione contribuisca ai risultati individuali e dello Store. La differenza la si può fare sia attraverso una selezione accurata sia attraverso la gestione attenta da parte dello Store Manager. Come sai la formazione non riesce a rimediare ad errori di selezione significativi. Pensando allo Store Manager come focus credo occorra che abbia in testa i numeri (l’obiettivo è comunque avere il riferimento del fatturato dello Store, l’unico vero motivo per ricoprire il ruolo) con la consapevolezza che può raggiungere i suoi obiettivi attraverso la prestazione dei suoi collaboratori. E che questi ultimi potrebbero scegliere se mettere in primo piano il cliente interno (il proprio capo) sacrificando e facendo diventare un fantasma il “vero” cliente. Avere questa consapevolezza è l’inizio del cammino. Se poi i capi degli Store Manager riescono anche loro a far proprio questo concetto… allora la potenzialità di raggiungere i risultati di Store è molto più alta. E’ stato interessante condividere il tuo pensiero.

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  7. Fabrizio Lonzini

    Lavoro nel retail ormai da 13 anni e con i fantasmi ho imparato a lavorare bene, soprattutto nell’ultimo periodo. Da Store Manager posso dire che il tasso di trasformazione è il kpi che più di tutti può fungere da metro di paragone e valutazione nella gestione dei punti vendita. Quindi è chiaramente l’asse più importante su cui uno store manager deve imparare a lavorare, ma è anche quello più difficile. Lo store manager che gestisce 300 ingressi all’ora non sarà in grado di gestire il negozio da 300 ingressi al giorno, perché abituato a ritmi più alti vorrà recuperare aggredendo il cliente. D’altro canto lo store manager da 300 ingressi al giorno, bravo a gestire delicatamente ogni singolo cliente ad hoc, sarà lento e poco orientato alla priorità nel negozio da 300 ingressi all’ora. Quindi un metodo comune non c’è, bisogna essere elastici e flessibili nel ritmo e nei metodi. Bisogna condire un ottimo servizio, con sorrisi e riferimenti agli aspetti più personali del cliente. Bisogna saperlo approcciare facendo riferimento alle caratteristiche dei prodotti su cui il cliente ha soffermato lo sguardo più a lungo. “posso aiutarla” non funziona più, da nessuna parte. La cosa più difficile in assoluto è saper passare il messaggio alla propria squadra. Insieme al messaggio dobbiamo dare alla forza vendita gli strumenti per saperlo fare, formazione su tecniche di vendita, ma non solo. Committment e condivisione dei risultati e degli obiettivi, celebrazione dei successi. Ho scoperto una leva importante su cui puntare: il commesso ha l’opportunità di conoscere l’essere umano nelle sue mille sfaccettature, così come chiunque che lavora al pubblico. Ma il retail offre un punto d’incontro speciale a differenza degli uffici e dei servizi. Il cliente entra spensierato e senza l’obbligo di comprare. Noi abbiamo la preziosa opportunità di comunicare con un essere umano, capire i suoi bisogni senza oltrepassare il confine, e tradurli in necessità verso i prodotti che vendiamo, senza la profonda convinzione che li stiamo forzando/truffando. Perché è questo che la maggior parte dei commessi alla prime armi credono. C’è una resistenza ad imparare le tecniche di vendita, in quanto vissute dai più giovani come tecniche di manipolazione. Dobbiamo lavorare su questo punto. E farlo con estrema dedizione e delicatezza, i miei collaboratori sono i primi clienti, e tutte le cose che posso insegnare loro sono i prodotti più importanti che ho da vendere.

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    • Francesco Fedele

      Questo è il percorso. La proposta di Fabrizio passa attraverso una consapevolezza del ruolo e di cosa si vuole ottenere. Non esistono regole fisse. Tutto dipende e ognuno può fare la differenza, facendo accadere cose diverse dalla routine. Valorizzare le prestazioni oltre che i risultati (come ho cercato di argomentare nel post precedente Il grande Lebowski e lo store-manager) è un modo che lo Store Manager ha di incidere. Ricordarsi che gli esseri umani cercano prodotti ed umanità (altrimenti internet risolve tutto magicamente) e che noi vendiamo in ogni momento della nostra esistenza. Noi stessi, le nostre idee, le nostre convinzioni per raggiungere i nostri obiettivi. Grazie Fabrizio per aver dedicato tempo a questo confronto.

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  8. Claudio

    Per ridare vita ad un fantasma bisogna liberare la mente dalla paura di perdere vendite e quindi rifornire sempre la merce costantemente. Dico sempre: si perdono più vendite quando si e’ in riserva a rifornire che sul piano di vendita a vendere.
    Tutte le tecniche di vendita sono utili nella misura del loro utilizzo.
    Il cliente deve essere sempre al centro dell’attenzione e lo Store Manager ne e’ consapevole ma deve lottare, oggi più che mai, con gli EFT che in funzione delle vendite si ridimensionano costantemente con l’effetto di non produrre maggiori vendite.

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    • Francesco Fedele

      Il mio pregiudizio è che il Venditore abbia in mente sempre il cliente. Che lo Store Manager abbia in mente sempre il cliente. Che, come dici tu, abbiano entrambi chiaro quanto sia importante dedicarsi a lui. Ottimizzare tutte le attività di “manutenzione” del negozio” per una sua soddisfazione. Il problema nasce quando il cliente su cui si concentra l’attenzione è quello interno. Vedo questo rischio. Se uno Store Manager riceve dalla sede una richiesta inderogabile che coinvolge tutta la sua squadra, quali scelte farà? Se un Venditore riceve dal suo capo la richiesta di finire un lavoro di spunta entro un’ora specifica come si comporterà? Sono sicuro che faranno del loro meglio! E se riescono a farlo consapevolmente tanto meglio. A maggior ragione in un momento in cui gli EFT sono in forte contrazione. Avere teste che pensano aiuta a trovare soluzioni. Grazie Claudio per la tua partecipazione. Mi ha fatto piacere confrontarmi con te.

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  9. Massimiliano Scarano

    Effettivamente non avevo mai pensato ai clienti fantasmi.
    Gestisco un buon numero di store manager e non ho mai affrontato il discorso clienti fantasmi in tal senso.
    Credo che visto la situazione generale, specie nei centri commerciali, bisogna iniziare a far diventati i fantasmi clienti redditizi.
    Il video e’ veramente carino, noleggero il video.
    Saluti.

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    • Francesco Fedele

      Buongiorno Massimiliano,
      mi fa piacere aver sollecitato questa riflessione.
      Partecipo volentieri ad uno scambio di esperienze in merito.
      In bocca al lupo.
      Francesco

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      • Emanuela Musso Fiorini

        oggi,simulazione di vendita in boutique con il mio team. risultato? troppo orientamento al prodotto, poco al cliente, molto tecnicismo, poca passionalità ed emozione.

        domanda.
        che cosa vuole il cliente?
        chi è?
        lo vediamo davvero, nel senso, entriamo nel suo territorio? sappiamo toccarlo? far scaturire qualcosa in lui che rimanga, che produca l’acquista e che resti, sotto la pelle ed oltre?

        temo che quello che manca sia l’ascolto e dunque, ancora una volta, il cuore. so di dire e scrivere qualcosa che farà abbacinare alcuni, ma è il cuore alla base dei KPi. per me. le domande che ci poniamo e l’attenzione verso quei mancati score che, spesso, nemmeno notiamo per supponenza, snobismo, a priori.

        il cliente siamo noi, in speculare.
        il cliente acquista la nostra passione, spesso, oltre il prodotto e la nostra capacità di tramutare una vendita in esperienza emozionale.

  10. Diego Molinari

    Molto interessante questa scena, che nonostante sia stata rimossa ricordo bene.
    L’esempio citato nel film tratta (in modo paradossale) aspetti di comunicazione e organizzazione:

    1) Comunicazione: L’assistente non “ascolta” il cliente, è focalizzato sul realizzare un pacchetto sulla base della procedura stabilita e non percepisce la fretta. Non è “sincronizzato con il cliente”.

    2) Organizzazione: L’applicazione delle procedure non deve mai superare gerarchicamente i principi fondamentali della vendita: ascoltare il cliente, rendere il cliente soddisfatto.

    Abbiamo citato questo video anche sul nostro sito:
    https://www.heands.com/it/blog.html

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