La parola è uno strumento ben lungi dal possedere quella confortevole univocità che credevamo propria della fisica, prima che la dimensione probabilistica della meccanica quantistica irrompesse con il suo portato di indefinitezza.  Le parole possono essere accortamente manipolate per dimostrare virtualmente ciò che si vuole e, spesso, accade che ingannino chi le proferisce come chi le ascolta.

Chiarezza e verosimiglianza possono però essere recuperate applicando alla formalizzazione dei nostri enunciati, ed alla sostanza delle nostre azioni, un requisito assai importante, che è metodo, intento e paradigma etico: il Rigore

 

Rigore (sost. maschile)

  • Grande severità, inflessibilità, durezzail r. della legge, della disciplina, dei regolamenti;
  • Rigida esattezza, precisione assoluta: di metodo e di sistema; ricerche condotte con assoluto r. scientifico
  • Rigiditàdurezza materiale
  • Freddo assai rigido, intenso: il r. del clima, della stagione;durante i rigori invernali
  • Medico: sinonimo di contrattura, rigor mortis
  • Militare: prigione, sala, arresti di rigore, punizioni disciplinari di particolare severità

L’introduzione di questa piccola dissertazione risente del percorso pregresso di questa rubrica, ed esamina solo una delle possibili accezioni di rigore (un’accezione peraltro distribuita tra le definizioni di “grande severità” e “rigida esattezza”) tralasciando completamente i riferimenti alle qualità intrinseche dei materiali e a condizioni climatiche, in quanto queste appaiono in un certo senso banali, semplici constatazioni di condizioni che hanno solo bisogno di essere definite.

 

Il rigore è spesso necessario; la crudeltà è sempre superflua.
(Arturo Graf)

Abbiamo rilevato quanto sia possibile relativizzare i connotati di una questione e i termini con i quali la si definisce, dunque emerge prepotente l’esigenza di recuperare uno strumento in grado di dissipare le ambiguità che ci investono.
Ebbene tale strumento, ovvero il Rigore, come tutti gli utensili è molto efficace, ma solo se lo si utilizza con perizia, consapevolezza e coerenza.

Rigore significa individuare precisi riferimenti, dialettici, etici e procedurali ed attenervisi, quali che siano le conseguenze ed il prezzo che comporta farlo. Significa elaborare teoremi e valutazioni indipendenti dalle proprie aspettative e convenienze, attenersi ai presupposti iniziali e, in ultima analisi, essere scrupolosamente onesti con sé stessi e gli altri.

Essere rigorosi, peraltro, aiuta anche a riconoscere negli altri la stessa attitudine e dunque, quale logica conseguenza, consentire l’identificazione precoce di chi non lo è.

Benché sia una parola che per sua natura non prevede sfumature, può essere considerata come un metodo di base, con caratteristiche di certezza, che permette, come un porto sicuro, di esplorare nuovi spazi circostanti di pensiero e relazione senza perdersi nell’astrazione del relativismo assoluto.

Come molte altre parole sin qui esplorate, non può essere compresa pienamente in termini di assoluta autosufficienza, ma di autonomia. Ovvero pur avendo in sé la propria regola (autonomia), il suo senso dipende sempre dal rapporto con le parole che la circondano.

Ad un giovane avvocato della marina degli Stati Uniti, il tenente Daniel Kaffee, viene affidata la difesa, innanzi alla corte marziale, di due marines accusati dell’omicidio di un commilitone, avvenuto nella base navale statunitense di Guantanamo a Cuba.
La difesa viene affidata al giovane ufficiale, che ha fama di patteggiatore, per “risolvere la questione” senza procedimento in aula, dato che molti aspetti controversi dell’evento potrebbero portare ad uno scandalo che interromperebbe il sentiero dorato del Colonnello Jessep, personalità paranoica, narcisistica e autoreferenziale, verso l’incarico di direttore delle operazioni del Consiglio di Sicurezza Nazionale. Il procedimento però approda ugualmente alla corte marziale. Il vissuto dei personaggi si intreccia dolorosamente con i fatti avvenuti e presto vengono a confronto due differenti visioni del concetto d’onore, l’uno formale ed agganciato ad esigenze contingenti, l’altro sostanziale e inerente il proprio quadro di riferimento etico. Solo il rigore e l’integrità consentono a Kaffee, correndo il concreto rischio di perdere abilitazione, carriera e perfino libertà personale, di affrontare l’alto ufficiale portandolo ad ammettere, suo malgrado, le proprie responsabilità.

Si tratta della trama del film Codice d’onore (A Few Good Men) del 1992, ove viene esplorata la differenza tra il coltivare valori piegandoli alle proprie aspettative e vivere conformandosi ad essi, pagandone il relativo prezzo.

 

Abbiamo fin qui seguito un percorso, saltellando da un lemma all’altro, e ci siamo inoltrati in un tratto della via un po’ oscuro e angoscioso. Il Rigore può essere molto faticoso, e se non alleviato da qualcosa può arrivare a soverchiarci. Dunque è necessario praticarlo accompagnandosi ad un’altra attitudine che nell’immaginario collettivo viene facilmente utilizzata come suo contrario: la Leggerezza.

 

5 Risposte

  1. Anna Maria Panzera

    Amo il rigore, benché trovi la sua radice etimologica nella rigidità; amo il suo lato etico, il suo aspetto serio, quel cerchio, quella “o” centrale che racchiude la mia speranza che l’incertezza non si trasformi in approssimazione. I cerchi si devono chiudere, la “r” incalza al suo ritmo di tamburino; sorride sorniona la “g” con la sua pancetta: ogni tanto un eccesso non fa male.

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    • Roberto Rizzardi

      Ecco, sei riuscita a dare ad una parola che incute timore, un aspetto amichevole e perfino sbarazzino.
      Vediamo sempre il rigore come l’agente di una fatica intellettuale e morale, ma in realtà è il nostro faro, la bussola che ci serve per orizzontarci nei crocevia delle nostre vite.
      Agire in sua conformità spesso ci angustia, perché lo colleghiamo alla prospettiva di dover sottostare a rinunce, ma è solo perché non prendiamo in considerazione tutti gli aspetti di una decisione, valutando solo i rischi ed i costi immediati, mentre quelli a lungo termine ci sembrano ininfluenti o gestibili in differita.
      Ma non è così, naturalmente. Comportarsi con rigore, coerenza e integrità è la migliore garanzia del conseguimento di un invidiabile equilibrio interno.

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  2. Paola Cinti

    Non mi resta che seguirvi su questa strada, che mi sembra anticipi la prossima parola che ci hai promesso: leggerezza.
    Credo che la parola Rigore soffra la solitudine, che abbia bisogno sempre di relazionarsi per non irrigidirsi e diventare fine a se stessa. Che abbia bisogno di trovare la strada che la conduca verso un obiettivo di etica e correttezza nei confronti di se stessi e nell’agire in rapporto con gli altri. E’ questo sguardo caldo le impedisce di imboccare un vicolo cieco.

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  3. Roberto Rizzardi

    Il concetto di rigore è spesso frainteso e vissuto come costrizione, immerso in un’aura penitenziale che però ha il torto di privare quell’attitudine della sua ragion d’essere, che non è, come si pensa comunemente, fine a se stessa.
    Poiché vi è una perversione anche nel praticare il bene, il rigore in quanto tale e senza finalità profonde, diviene mera estetica, un fine senza scopo che non sia quello contrizionale così saldamente legato alla nostra radice cristiana ed al concetto del “peccato originale”.
    Ma il rigore, vissuto con consapevolezza e in quanto metodo è il viatico più robusto verso il nostro equilibrio e la soddisfazione esistenziale, un efficace strumento per dirimere contraddizioni e incertezze

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  4. Gianfranco Personé

    Roberto ho dovuto elaborare molto la parola “rigore” prima di decidermi a scrivere qualcosa in proposito. Sono in quella fase della vita in cui uno si guarda indietro e ripensa a tante cose con occhi diversi. Da una parte mi rendo conto di aver forse subito un’educazione molto cattolica e… “rigorosa”, alla quale presto mi sono ribellato per cercarne una nuova. Ho rincorso un rigore “morale” ed “etico”, e sono stato tentato da suggestioni e contraddizioni. Tu giustamente dici che: “… comportarsi con rigore, coerenza e integrità è la migliore garanzia del conseguimento di un invidiabile equilibrio interno”, un faro da seguire. Molti sono forse gli errori in cui il mio “rigore” mi ha fatto cadere, sicuramente perché mi è mancata quella leggerezza così naturale che invece è presente nei cavalli che io amo tanto. Oggi non sono affatto sicuro di aver trovato quell’equilibrio “interno” e neanche, guardandomi intorno, di aver contribuito a quello “esterno”, anzi penso che sia mancato un po’ di … rigore. Non mi consola assolutamente il fatto di aver percorso questa strada in una nutritissima compagnia, forse perché mi giudico con… rigore?

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