Il 26 ottobre 2016, come tutti ormai sanno, si sono verificate due forti scosse nell’area interessata dalla sequenza sismica iniziata il 24 agosto. La prima, magnitudo Richter ML 5.4, è avvenuta alle 19:10, la seconda, magnitudo Richter ML 5.9, alle 21:18 ora italiana. Le scosse sono state localizzate nella zona al confine tra Marche e Umbria, a nord dell’area attivata il 24 agosto. I due epicentri sono stati individuati tra le province di Macerata, Perugia e Ascoli Piceno. Il paese natale di mia moglie è Pievebovigliana: è proprio in quella zone ed era già stato colpito duramente ad agosto, tanto che risultava già essere uno dei paesi all’interno del cratere terremoto. Nella casa fatta di pietra nel centro storico di Pievebovigliana, dove è nata mia moglie, trascorrevamo la maggior parte del tempo da quando siamo entrambi in pensione. La scossa delle 3:36 del 24 agosto di magnitudo 6.0 ci ha sorpresi nel letto – è durata un’enormità (142 secondi) – e ha trasformato la nostra bella e serena estate in un incubo. Lo sciame sismico non ha più smesso. Il paese, che normalmente conta 860 anime, comprese le frazioni, ad agosto sfiorava forse le 3000, ma la mattina del 24 agosto alle ore 6:00 se la popolazione arrivava a mille unità era grasso che colava. Tutti i villeggianti, e la maggior parte dei non residenti, erano scappati a gambe levate e rientrati alle loro dimore abituali, mio cognato compreso. Noi no! Nostra figlia che era a Roma, e tutti gli amici non capivano perché ci ostinassimo a rimanere li. Via Roma 8 – Pievebovigliana (MC) Già con il terremoto del 26 settembre 1997 avevamo subito grossi danni. Ricordo che la scossa della notte aveva colto mia suocera nel sonno e che a stento era riuscita ad uscire di casa, ma noi eravamo a Roma perché in quel periodo eravamo a lavoro. Quella delle 11:42 spostò almeno di mezzo metro il computer sulla scrivania al quale stavo lavorando nel Centro di Formazione della Banca di Roma all’Olgiata. Partii di corsa e riuscii a passare, forse per ultimo, con la macchina sulla ex strada statale 209 Valnerina prima che la chiudessero totalmente al traffico. Trovai mia suocera nella piazza del paese, spaventatissima ancora in vestaglia. Senza indugio entrai in casa presi la gabbia con cui trasportavamo la gatta, che normalmente quando mi vedeva con quella in mano scappava, ma in quella occasione mi salto in braccio e la potei infilare facilmente in gabbia. Recuperai qualche abito e un paio di scarpe di mia suocera, tra scosse che facevano tremare il pavimento e vibrare i vetri. Staccai acqua, gas e luce e usci di corsa chiudendo a fatica la porta di casa. Mi accorsi solo allora che mezzo tetto era crollato portandosi giù un comignolo. Tornammo subito a Roma e non rientrai in quella casa per molto tempo. Ma ora perché siamo rimasti nonostante le scosse? Nel ’97 oltre al tetto, tutto il secondo piano e le scale erano state gravemente lesionate, ma dato che mia suocera voleva rientrare al più presto a casa sua, ci affrettammo a fare i lavori. Così facendo però non ottenemmo il rimborso completo, che fu concesso solo successivamente dallo Stato, ma solo la metà del costo di ristrutturazione e messa in sicurezza antisismica. Quello che spendemmo fu tantissimo, ma ha consentito oggi di non vedere crollarci addosso la casa. Questa aveva infatti avuto qualche crepa, ma non pareva avesse avuto danni strutturali. Inoltre per l’esperienza vissuta nel ‘97 sapevamo che dopo le due forti scosse, ci sarebbe stato uno sciame sismico che, anche se lungo, sarebbe andato a diminuire. Per di più, nel tempo avevamo speso altri soldi, investendo anche parte della liquidazione per abbellire e consolidare altre parti di casa. Abbandonarla ci sembrava un sacrilegio. Tutte le sere mettevamo un borsone vicino alla porta, che per sicurezza non inchiavavamo, con tutto quello che ritenevamo essenziale: chiavi di Roma e della macchina, documenti e indumenti per la bisogna. Ogni sera incrociavamo le dita e andavamo a letto dormendo con un occhio solo, pronti a schizzare via. Abbiamo tenuto duro, non volevamo darla vinta a Terry (cosi avevamo battezzato il terremoto per esorcizzarlo). La domenica 30 ottobre ci sarebbe stato il battesimo a Roma di una mia nipote e decidemmo di non partire all’ultimo momento, ma di rientrare con il dovuto anticipo, visto che avevamo deciso di tornare a Roma con armi e bagagli, cavallo compreso. Così il 26 in tarda mattinata, chiusa casa e caricata la macchina come un uovo, compresi i nostri cani, dopo aver attaccato il trailer con il cavallo siamo rientrati. Il tempo di scaricare ed ecco la prima scossa. La stalla dopo le scosse di terremoto Il caso o la sorte ha voluto che non fossimo lì quando ci sono state le scosse che, anche se minori rispetto a quella di agosto, avevano il loro epicentro più vicino al nostro paese e che hanno demolito completamente la stalla dove fino al giorno prima stazionava il mio Morachino. Infatti i danni questa volta erano assai più gravi e tutto il centro storico del paese: la parte alta “il castello”, la piazza e la via Roma – dove c’è la nostra casa – erano state transennate e dichiarate “zona rossa” dai vigili del fuoco e dalla protezione civile. Il 28 mattina, di buon ora, siamo ripartiti per cercare di riuscire a vedere in che condizioni era la nostra casa. I nostri amici che vivevano in paese, contattati telefonicamente, non ci avevano potuto rassicurare perché era impossibile avvicinarsi. Giunti in paese andammo nella tenda dei vigili del fuoco per chiedere se potevamo entrare in casa. Venivano da Siena e ci chiesero se dovevamo recuperare qualcosa di importante, tipo medicine o altro. Io e mia moglie ci guardammo e abbiamo risposto affermativamente. Due baldi pompieri ci fornirono di un caschetto per ciascuno e ci dissero che potevamo entrare solo uno alla volta dopo che loro avevano controllato lo stato delle cose. Spostate le transenne in strada, aperto il cancello già nel cortile trovammo pezzi di pietra e di una parte di un comignolo. Crepe sui muri e lo zoccolo delle scale di ingresso saltato. Aperta la porta il vigile ci fece cenno di poter entrare. Lo spettacolo era tremendo, oggetti vari per terra, quadri rotti, piatti, bottiglie e bicchieri usciti dalla credenza e dai mobili. Pavimenti rotti, maioliche saltate, lampadari staccati, crepe, calcinacci ovunque. I vigili ci intimarono di sbrigarci. Mia moglie recuperò due borsoni e cominciò a riempirne uno di tutto quello che gli capitava sotto che riteneva utile e importante al momento, da generi alimentari tipo scatolame, pasta, bottiglie di vino e liquori, a vecchie fotografie di famiglia, mentre sconsolati ci guardavamo intorno. L’altro borsone lo diede a me. Allora andai verso le camere da letto e vidi dei libri nel corridoio in terra, caduti dalla libreria, ma la nuova serie completa dei Ken Parker composta da 50 numeri nell’edizione di Mondadori Comics era ancora in piedi nel primo ripiano. L’avevo portata al paese perché a Roma non avevo il posto dove metterla. Il vigile del fuoco che mi seguiva passo, passo, da prima mi guardò un po’ meravigliato, poi cominciò ad aiutarmi per cercare di mettere nel borsone tutti quei numeri senza rovinarli nel più breve tempo possibile, scuotendo incredulo la testa e con uno strano sorriso sulle labbra. Uscimmo portando faticosamente in due il borsone con il mio “tesoro” in salvo. Uscì anche mia moglie aiutata dall’altro vigile del fuoco. Richiudemmo la porta di casa. Eravamo stati pochi minuti, ma abbastanza per capire che in quella casa non saremmo tornati a vivere per molto, molto tempo. Dopo la scossa del 30 ottobre, la più violenta di tutte (magnitudo 6.5), siamo ritornati spesso, i vigili che cambiano ogni settimana, sono tutti molto gentili e disponibili. Ogni volta ci fanno stare più o meno tempo e ci fanno girare più ampiamente per casa, a seconda della loro discrezionalità e delle eventuali scosse in corso. Ogni volta noi, costatiamo crepe più ampie, danni a mobili e suppellettili, ferite nei muri come nel nostro cuore, e ogni volta cerchiamo di recuperare, piccole e grandi cose, ricordi della nostra storia: alcuni quadri, un orologio a cuccù, vestiti, scarpe, poltroncine, tavolinetto, ecc.. Alla casa di Roma, mettendo dei libri in terza fila e in orizzontale sopra ad altri, il posto per i Ken Parker l’ho comunque trovato. 7 Risposte Anna Maria Panzera Gennaio 18, 2017 Si stringe il cuore a ogni parola, e insieme si respira al pensiero che tu lo stia raccontando. Rispondi Paola Cinti Gennaio 19, 2017 E’ di ieri la notizia di 4 nuove scosse, superiori a magnitudo 5.0, che gravano sul centro Italia ancora di più per effetto dell’inverno e della quantità eccezionale di neve. La mia sensazione è che questa storia, come altre, stia diventando la rappresentazione di un’Italia che non vuole vedere e soprattutto non vuole affrontare, quindi questo tuo articolo – secondo me – ha un doppio valore: di testimonianza diretta e di farci vedere/sapere le cose in modo più profondo e personale. Grazie. Rispondi Paola Gennaio 19, 2017 E il cuore e la testa che ad ogni scossa tornano la, in via Roma (n.60 nel nostro caso) e a tutto quello che abbiamo lasciato. In particolare le risate, gli amici, le cene in compagnia e quell’atmosfera che solo in Via Roma 60 potevamo ritrovare. Forza e coraggio a noi tutti! Rispondi Gianfranco Personé Gennaio 19, 2017 Grazie Paola non molleremo mai. Le risate, gli amici, le cene e l’atmosfera la ricreeremo quanto prima, nonostante tutto. Rispondi Gianfranco Personé Gennaio 19, 2017 Ringrazio Paola per l’opportunità che mi da di raccontare un pezzo di storia … italiana, e Anna Maria per le sue parole. Il terremoto è un evento naturale imprevedibile, ma l’uomo può e deve essere capace di costruire case più sicure. Lo Stato, e tutte le istituzioni che a lui fanno riferimento, non può essere così latitante dopo un evento simile. I politici, che sono sempre presenti in prima fila per le parate d’avanti alle telecamere, a parole dichiarano: “nessuno verrà lasciato solo”; ma poi nei fatti la gente è sola. Burocrazia, incapacità, malafede, tutto e di più. Non si sapeva che l’inverno era alle porte e che da quelle parti spesso è rigido e nevoso? Pensando a chi ha perso la vita, ha perso la prima casa, ha perso la fonte di guadagno per le attività commerciali obbligatoriamente chiuse, ha perso i propri animali per molti dei quali sono fonte di reddito per (sopra)vivere, … mi ritengo fortunato! Un ringraziamento speciale va a tutti i Vigili del Fuoco e a tutti i volontari che si prodigano indefessamente, loro si che sono vicini alle persone. La gente di quelle terre, malgrado tutto, ha una forza d’animo e una tempra che nessun terremoto o incapace (se non peggio) di politico potrà abbattere. Coraggio amici miei. Rispondi Giulio Attini Gennaio 19, 2017 Non sapevo che da quelle parti vivevi una parte della tua vita. Una testimonianza che mi ha emozionato. Una cosa è vedere le immagini del teremmoto dal divano di casa e un’altra è vivere l’esperienza dalle parole di un amico. E’ come se fosse capitato a me. Mi è di conforto pensare che, forse, tra qualche anno potrai nuovamente vivere tranquillamente in quella casa raccontando ai nipoti di quando c’era stato Terry. Un caro saluto Gianni Rispondi Gianfranco Personé Gennaio 20, 2017 Grazie Giovanni, speriamo che sia così. Rispondi Scrivi Cancella commentoLa tua email non sarà pubblicataCommentaNome* Email* Sito
Anna Maria Panzera Gennaio 18, 2017 Si stringe il cuore a ogni parola, e insieme si respira al pensiero che tu lo stia raccontando. Rispondi
Paola Cinti Gennaio 19, 2017 E’ di ieri la notizia di 4 nuove scosse, superiori a magnitudo 5.0, che gravano sul centro Italia ancora di più per effetto dell’inverno e della quantità eccezionale di neve. La mia sensazione è che questa storia, come altre, stia diventando la rappresentazione di un’Italia che non vuole vedere e soprattutto non vuole affrontare, quindi questo tuo articolo – secondo me – ha un doppio valore: di testimonianza diretta e di farci vedere/sapere le cose in modo più profondo e personale. Grazie. Rispondi
Paola Gennaio 19, 2017 E il cuore e la testa che ad ogni scossa tornano la, in via Roma (n.60 nel nostro caso) e a tutto quello che abbiamo lasciato. In particolare le risate, gli amici, le cene in compagnia e quell’atmosfera che solo in Via Roma 60 potevamo ritrovare. Forza e coraggio a noi tutti! Rispondi
Gianfranco Personé Gennaio 19, 2017 Grazie Paola non molleremo mai. Le risate, gli amici, le cene e l’atmosfera la ricreeremo quanto prima, nonostante tutto. Rispondi
Gianfranco Personé Gennaio 19, 2017 Ringrazio Paola per l’opportunità che mi da di raccontare un pezzo di storia … italiana, e Anna Maria per le sue parole. Il terremoto è un evento naturale imprevedibile, ma l’uomo può e deve essere capace di costruire case più sicure. Lo Stato, e tutte le istituzioni che a lui fanno riferimento, non può essere così latitante dopo un evento simile. I politici, che sono sempre presenti in prima fila per le parate d’avanti alle telecamere, a parole dichiarano: “nessuno verrà lasciato solo”; ma poi nei fatti la gente è sola. Burocrazia, incapacità, malafede, tutto e di più. Non si sapeva che l’inverno era alle porte e che da quelle parti spesso è rigido e nevoso? Pensando a chi ha perso la vita, ha perso la prima casa, ha perso la fonte di guadagno per le attività commerciali obbligatoriamente chiuse, ha perso i propri animali per molti dei quali sono fonte di reddito per (sopra)vivere, … mi ritengo fortunato! Un ringraziamento speciale va a tutti i Vigili del Fuoco e a tutti i volontari che si prodigano indefessamente, loro si che sono vicini alle persone. La gente di quelle terre, malgrado tutto, ha una forza d’animo e una tempra che nessun terremoto o incapace (se non peggio) di politico potrà abbattere. Coraggio amici miei. Rispondi
Giulio Attini Gennaio 19, 2017 Non sapevo che da quelle parti vivevi una parte della tua vita. Una testimonianza che mi ha emozionato. Una cosa è vedere le immagini del teremmoto dal divano di casa e un’altra è vivere l’esperienza dalle parole di un amico. E’ come se fosse capitato a me. Mi è di conforto pensare che, forse, tra qualche anno potrai nuovamente vivere tranquillamente in quella casa raccontando ai nipoti di quando c’era stato Terry. Un caro saluto Gianni Rispondi