Come la fase di Creative Logo Design diventa parte integrante della costruzione dell’identità di un cliente. La storia della creazione del logo Caretail vuole essere l’esplorazione di un metodo che permetta a creativi e clienti di raggiungere lo stesso obiettivo. Francesco (cliente) e Lorenza (grahic design) non si conoscono e si parleranno direttamente solo una volta via skype. Il loro obiettivo è quello di realizzare un progetto di Logo design per una nuova realtà che si chiama “Caretail”, fusione della parola Care con quella Retail. Io ho il compito di tenere sempre unito il filo che li legherà fino alla realizzazione dell’opera. Dopo una prima fase in cui getto le basi per una reciproca conoscenza, Lorenza mi manda un questionario da somministrare a Francesco. Si tratta di una serie di domande che dividerei in due parti: una dedicata alla realtà (nome, settore merceologico, destinatari, etc) e l’altra decisamente più creativa, sembra voler delineare l’immagine che Francesco ha della sua attività (maschile o femminile, giovane o adulta, ricca o economica, etc.). E’ una fase esplorativa che precede la prima serie di proposte e che ci dirà se è presente quella sintonia necessaria a lavorare su quello che ancora nessuno di noi può vedere e quindi esprimere. Passano circa due giorni e arriva il file con le prime proposte. Ne parlo con Francesco, cercando di non influenzarlo… cosa difficile quando individui da subito quella che preferisci. Mi lascia senza dirmi niente, penso che si prenderà qualche giorno per pensare, ma il giorno dopo mi comunica che la quinta proposta lo convince più di tutte le altre. Tiro un sospiro di sollievo, è la stessa che ho scelto io. Non che sia necessario pensarla allo stesso modo, comunque è un segnale che la sintonia c’è. Ora la palla passa di nuovo a Lorenza che deve declinare la scelta di Francesco, tenendo conto di alcune indicazioni su colori, font e stili. Il primo pensiero che faccio è che la scelta è così chiara che non riesco ad immaginare cosa possa ancora proporci. L’arrivo della seconda ondata di proposte mi smentisce e il lavoro ora diventa meno facile. Non è più una questione di gusti e le chiacchierate con entrambi diventano più articolate. Si parla di colori, di font, di corsivi e la linea, che nella prima scelta corre sotto la parola Retail, è diventata un’onda. Francesco ci guida in questa ricerca di connessione tra il segno grafico e il contenuto: la parola Care in primo piano con un carattere più morbido e in corsivo che rappresenti il senso stesso del suo lavoro, mentre la parola Retail mantiene la forza dell’identità professionale nel colore e nel font. La curva è quel filo che le tiene dolcemente insieme. Insomma Francesco sceglie la terza. Ok… penso, ora ci siamo. Lorenza finalizzerà la scelta con le indicazioni e idee emerse, quindi possiamo andare in onda. No invece, la prima lezione che imparo sulla creatività è che, in alcune persone si esaurisce e in altre aumenta con il passare del tempo. Ora sono in gioco elementi come la distanza tra la parola Care e Retail, ma anche il rapporto prospettico. I colori definitivi diventano giallo e blu, ma i font possono essere molti. Perfino l’onda varia, diventando più o meno pronunciata. L’energia che emerge dalla creatività, confermata da un sempre più definito rapporto con la realtà d’impresa che deve rappresentare, sembra ricaricarci continuamente, spingendoci ogni volta verso una maggiore profondità nella rappresentazione dell’immagine. Però il rapporto con la realtà impone una scelta e spetta solo a Francesco farla. Non è semplice, un logo non si cambia una volta all’anno e sarà presente ovunque: nei biglietti da visita, nel sito, nei materiali, nei social network. Deve sentire quale proposta gli corrisponde non solo a livello razionale, ma anche percettivo. A questo punto un’idea abbastanza chiara ce l’abbiamo, e siamo tutti soddisfatti. Meno Lorenza… che propone una survey a 10 persone che conosce: 5 tra graphic e art design e 5 marketing e brand manager di azienda. In fondo uno sguardo esterno è veramente l’unica cosa che ci manca. Se le scelte si orienteranno in modo significativo, confermando la nostra, saremo certi che funziona veramente. Il risultato ci soddisfa pienamente. La seconda ipotesi piace sia a noi che alla maggioranza del gruppo di esperti che, non avendo seguito il processo di elaborazione, può valutare il logo sia da un punto di vista professionale che emotivo. L’esperienza è stata veramente importante per tutti, un’impresa che nasce e il compito di dargli un nome e un’immagine richiedono senso di responsabilità da parte di tutti, professionalità e, al di là del gusto personale (del mi piace o non mi piace), necessitano di un metodo di lavoro che ogni cliente dovrebbe conoscere prima di decidere a chi rivolgersi. Ora possiamo pensare al futuro, ma prima di concludere Lorenza fa un ultimo regalo a Francesco: una visione completa dell’immagine “corporate” di Caretail. Il logo prendere vita sulla scrivania, tra gli strumenti di lavoro quotidiano. C’è un ultimo elemento che considero determinante nella realizzazione di questo lavoro e, secondo la mia esperienza, anche di altri. Alla domanda se in questi casi sia il fattore creativtà ad essere l’elemento trainante oppure se questo sia la risposta allo stimolo di Francesco, risponderei entrambi e nessuno… L’elemento che ritengo fondamentale è una costante tensione a mantenere un rapporto paritetico, di uguaglianza, che permette ad ognuno di collaborare con gli altri in modo complementare. Una dimensione di rapporto che non viene definita in fase contrattuale e che sembra essere il naturale risultato di una stima reciproca e di una volontà condivisa a realizzare qualcosa di bello e importante per tutti. Scrivi Cancella commentoLa tua email non sarà pubblicataCommentaNome* Email* Sito