“All the world is a stage” W. Shakespeare Prologo In un pomeriggio non particolarmente afoso, ma accarezzato da una piacevole brezza di scirocco di mezza estate, due amiche si incontrano per caso. Il luogo di incontro è il lungomare di Marciana Marina, una piccola cittadina elbana dove il tempo scorre con piacevole lentezza. La prima amica è una consulente aziendale (CA), mentre la seconda è una responsabile delle risorse umane (RRU) di una nota multinazionale con sede a Milano. Dopo la prima sorpresa e tutti i convenevoli del caso, le due amiche si siedono su una panchina ombreggiata da una palma e rinfrescata dalla vicina fontanella. Entrambe sono molto appassionate del loro lavoro, probabilmente anche un po’ dipendenti, e non possono fare a meno di parlarne… (RRU) Cosa ne pensi di questa nuova idea del teatro d’impresa?! Da dove viene? Serve a qualcosa o è la solita moda? Christian Poissonneau (CA) Beh, non è proprio così nuova! In realtà la prima idea di teatro d’impresa nasce nel 1984 a Montreal nel Canada francofono con il nome di Thèatre d’entreprise, messa a punto da un certo Christian Poissonneau. Riteneva che ogni azienda avesse un suo vissuto costituito non solo di informazioni da comunicare e condividere, ma anche da problemi e conflitti organizzativi. In altre parole il concetto di teatro viene a costituire un modello coerente ed intrinsecamente valido per analizzare e comprendere i comportamenti delle organizzazioni. Si diffonde poi rapidamente in Europa attraverso la Francia e gli Stati Uniti. In Italia arriva verso la fine degli anni ‘90. (RRU) … copione teatrale, copione aziendale … per una Analista Transazionale come te il parallelismo immagino sia immediato! (CA) Hai ragione: così come il concetto di copione aziendale dell’Analisi Transazionale costituisce la griglia per analizzare e comprendere la genesi di determinati comportamenti organizzativi, il copione teatrale, e la sua rappresentazione, ne diventano la metafora agita. In questo modo “gli attori” hanno l’occasione di diventare consapevoli di come hanno costruito l’attuale sistema organizzativo e le sue conseguenti criticità; possono, quindi, anche decidere di costruire un nuovo copione aziendale sperimentandolo concretamente sul palcoscenico di fronte ad un pubblico. (RRU) …non capisco: come vengono agiti questo copione e la sua metafora teatrale ? (CA) abbiamo essenzialmente due modalità: • una modalità passiva dove lo spettacolo viene interpretato da attori professionisti dopo una accurata fase di analisi del contesto organizzativo e degli obiettivi aziendali; l’analisi di questi dati produce un copione teatrale che viene sottoposto all’approvazione della committenza e dopo una serie di prove viene rappresentato davanti ad un pubblico costituito dalla popolazione aziendale cui è diretto l’intervento formativo; diventa cruciale la fase post-evento: attraverso un debriefing guidato da un consulente esperto, si analizza il messaggio contenuto nella rappresentazione teatrale e si discutono ed impostano i piani di azione per risolvere le criticità messe in evidenza nello spettacolo; • una modalità attiva dove le sceneggiature vengono scritte su tematiche scelte dopo un‘analisi dei bisogni formativi con la committenza e dopo un confronto con la popolazione cui è diretto l’intervento formativo; in questo caso sono i dipendenti dell’azienda che scrivono le loro scene con aneddoti tratti dalla loro vita professionale e poi le rappresentano personalmente; la scrittura del copione teatrale prevede anche lo stimolo a descrivere soluzioni alternative rispetto alle tematiche organizzative affrontate. (RRU) OK … d’istinto la modalità passiva mi sembra meno rischiosa … senza troppe sorprese possibili … in pratica controlliamo noi tutto il processo! … Ma forse è anche quella meno formativa. (CA) Effettivamente io preferisco la modalità attiva perché vengono recuperate e riattivate l’idea e l’emozione di poter incidere positivamente sulla realtà organizzativa, inducendo di conseguenza dei comportamenti pro-attivi. Secondo la mia esperienza si crea un pieno coinvolgimento emotivo, cognitivo e comportamentale. Io utilizzo questa tecnica ispirandomi ad alcuni concetti della psicologia costruttivista che permette di attivare “gli attori organizzativi” in una co-costruzione in itinere degli obiettivi e dell’evento formativo, dove il consulente funziona da facilitatore di processo. Per esempio possiamo chiedere ai partecipanti di creare un copione teatrale che rappresenti la loro azienda in una nuova possibile realtà di mercato. (RRU) … mi sembra anche molto creativa (CA) Proprio così!! Ed io penso che la creatività e l’autonomia siano due qualità da coltivare in ciascun membro di ogni organizzazione aziendale che si confronta con una realtà di mercato una realtà che, oggi più che mai, costringe a numerosi cambiamenti in tempi molto ristretti. Per questo motivo trovo che l’utilizzo di un regista e/o attori professionisti non lasci spazio alla espressività ed alla creatività delle persone e quindi sia meno formativa. (RRU) Quali sono le fasi di lavoro? (CA) Io organizzo questo tipo d’intervento formativo in quattro fasi: analisi dei bisogni formativi con la committenza da cui deriverà il tema organizzativo della rappresentazione teatrale; auto-organizzazione del gruppo di lavoro che dovrà tenere conto di alcuni vincoli (tematica da rappresentare, durata della rappresentazione, vincoli materiali,…) dati dal consulente; rappresentazione davanti ad un pubblico scelto all’interno dell’organizzazione stessa (capi, colleghi, ecc.); debriefing sulla tematica rappresentata, sulla modalità di rappresentazione e sui processi di cambiamento sia personali che organizzativi; questo debriefing coinvolge sia gli attori che il pubblico. (RRU) Auto-organizzazione cioè vuol dire che fanno davvero tutto da soli? (CA) In pratica, sì. Il gruppo decide chi è più adatto a fare il regista o a fare il costumista, decide a chi assegnare i vari ruoli, decide chi è più adatto a risolvere problemi tecnici come suono e luci. Naturalmente devono fare tutto questo entro un tempo stabilito e con mezzi non proprio adatti allo scopo… ovvero con penuria di tempo e di risorse materiali. Quindi, diventa importante l’elemento umano creatività, capacità d’improvvisazione, capacità di adattamento, lavoro in squadra, comunicazione efficace, ecc. (RRU) E’ proprio necessario avere poi la rappresentazione finale? (CA) Proprio necessario no, ma sicuramente molto utile. In realtà si crea un doppio momento formativo, ovvero un momento attivo per chi gestisce e recita ed allo stesso tempo una formazione passiva per chi assiste alla rappresentazione. Inoltre, si crea una comunicazione tra attori e pubblico nel momento del debriefing. (RRU) Tu usi questa metodologia per il team building, come l’outdoor? (CA) Spesso sì, ma ti confesso che questa metodologia costituisce un metodo di formazione molto versatile. Infatti, la possiamo utilizzare tutte le volte che ci sono cambiamenti organizzativi, fusioni, necessità di ri-motivazione delle persone; oppure può essere uno strumento di comunicazione innovativo in tutte le occasioni nelle quali le organizzazioni abbiano necessità di coinvolgere interlocutori interni, clienti, ecc.. (RRU) … benissimo! Ma i costi? (CA) Già, buona domanda! Ritengo che in questo caso abbiamo un ROI particolarmente favorevole! Infatti, con questa metodologia si è in grado di personalizzare le proposte formative, trasmettendo messaggi formativi in maniera estremamente efficace, ma con una modalità leggere, coinvolgente e spesso anche ironica. Il tutto con un impegno relativamente modesto in termini di costi, tempo, complessità organizzativa e logistica. Inoltre questa metodologia può essere integrata, magari, come esito del debriefing finale con approfondimenti formativi tradizionali. Epilogo La brezza marina, ed il tramonto che allunga le prime ombre sulla spiaggia, il profumo di una frittura di mare proveniente dalla cucina di un ristorante vicino diventano un ottimo motivo per concludere la serata condividendo un’ottima cena. Ma a tavola… proibito parlare di lavoro! 3 Risposte Paola Cinti Giugno 12, 2013 Ancora un contributo da un’autrice esterna, Daniela Cannavale, sul Teatro d’Impresa e sul suo utilizzo in ambito formativo e consulenziale. Oggi si parla molto di storytelling e sicuramente il teatro d’impresa è stato ed è parte di questa nuova metodologia di esplorazione dei “territori” delle organizzazioni attraverso l’incontro tra arte e business. Rispondi Alessandro Giugno 12, 2013 Complimenti! Un approccio e una metodologia che dovrebbe poter trovare applicazione anche in altri campi, una ottima ricetta per ‘fare’ cultura. Rispondi Daniela Cannavale Giugno 13, 2013 Ciao Alessandro, grazie per il tuo feedback! Condivido molto la tua affermazione che è una ricetta per “fare” cultura. Rispondi Scrivi Cancella commentoLa tua email non sarà pubblicataCommentaNome* Email* Sito
Paola Cinti Giugno 12, 2013 Ancora un contributo da un’autrice esterna, Daniela Cannavale, sul Teatro d’Impresa e sul suo utilizzo in ambito formativo e consulenziale. Oggi si parla molto di storytelling e sicuramente il teatro d’impresa è stato ed è parte di questa nuova metodologia di esplorazione dei “territori” delle organizzazioni attraverso l’incontro tra arte e business. Rispondi
Alessandro Giugno 12, 2013 Complimenti! Un approccio e una metodologia che dovrebbe poter trovare applicazione anche in altri campi, una ottima ricetta per ‘fare’ cultura. Rispondi
Daniela Cannavale Giugno 13, 2013 Ciao Alessandro, grazie per il tuo feedback! Condivido molto la tua affermazione che è una ricetta per “fare” cultura. Rispondi